La forza delle radici

Da sinistra: Clara Paganini (Presidente EWMD), Marco Buticchi e Ida Iaccarino

Cadimare mi ha fatto sentire a casa!

Forse lo abbiamo scritto nel nostro DNA di perenni emigranti: quando un figlio ritorna dopo essere stato lontano, si deve far festa. Noi siamo gente schiva, chiusa, ma siamo governati da una ferrea legge dettata dal cuore e lontana da false apparenze.

E quando il cuore si apre, scompaiono anche i contorni del mondo che ci circonda.

I ricordi di un bambino sono sempre più grandi – fisicamente intendo – della realtà: fateci caso, tutto ci sembra di dimensioni maggiori, nei ricordi.

Tornare a Cadimare dopo tanto tempo mi ha fatto questo effetto e, a mano a mano che mettevo a fuoco i ricordi, ogni particolare si riappropriava delle sue giuste dimensioni. La vecchia osteria, la chiesa, le immagini sfuocate, il cantiere, il costiero, gli zii.

Era un bagno di felicità, qualunque fosse il peso dei ricordi. Anche quando i volti appartenevano a persone che non ci sono più, ma che hanno comunque riempito parti d’esistenza.

E vagavo con lo sguardo riconoscendo case, sentendo ancora l’odore del caffè offerto “perché ci sono ospiti”.

Mi tornano alla mente i racconti dei miei vecchi e nutro il rimpianto di non aver ascoltato più a lungo le memorie della mia gente. Di non averne tenuto traccia, di non aver parlato con loro così a lungo come avrei dovuto. Questo è un rammarico che ci assale quando se ne vanno: il fatto che c’erano ancora tante cose da dire.

Le radici scavano profonde per alimentare la linfa. E non si devono mai recidere, altrimenti la pianta rinsecchisce qualunque sia la dimensione della chioma. Le radici hanno un odore unico: sa di terra e di vita. È un odore inebriante. Era quello il profumo che aleggiava nell’aria in una sera d’estate. In mezzo alla festa di un bel paese posato sul mare. E all’improvviso, come per incanto, la festa si è fermata, perché il figlio appena tornato raccontava il mondo che ha avuto la fortuna di vedere e che ha provato a descrivere nei suoi romanzi.

Tutti lo stavano a sentire, alcuni con gli occhi gonfi di ricordi. E alla fine tutti mi hanno raccontato brandelli di vita: poche parole, magari in dialetto, per citare un evento, un momento, un’esperienza legata alla mia famiglia.

E quelle parole suonavano come lo strumento capace di colmare il rammarico dei vuoti nella memoria tramandata dai nostri vecchi: loro non avrebbero mai voluto che si dimenticassero radici.

Sono stato bene a Cadimare. Mi sono sentito a casa…

Perché le radici corrono sotto terra per anni, forse per secoli, e non dimenticano mai il loro compito di alimentare la vita. In cambio non ci chiedono molto: basta un poco d’acqua e non scordarci mai di loro. 22 ottobre 2012

Marco Buticchi

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