Il ruolo insostituibile del volontariato

Mi è stato chiesto di intervenire con alcune considerazioni personali in questa pubblicazione promossa dell’Associazione Cadimare 2000 e in merito al ruolo del volontariato sociale e culturale. L’argomento che mi è stato proposto può sembrare già ampiamente sviluppato in decine di incontri, istituzionali ed informali, e tuttavia è sempre occasione di ulteriori riflessioni. Il volontariato, sia in materia sociale che in materia culturale, è assolutamente insostituibile, Nessun Comune, nessuno Stato potrà mai svolgere il ruolo capillare che il volontariato si è ritagliato per sé,riempiendo una nicchia di servizi del tutto complementare e paritaria con la cultura istituzionale e dottorale. Nel definire il volontariato “insostituibile” non intendo usare piaggerie di alcun tipo, intendo proprio il significato “insostituibile” nella sua eccezione più comune, individuando con questa parola la sua qualità più proficua e significativa, ossia quella di poter essere svolto esclusivamente da persone spinte dalla voglia gratuita e generosa da fare cultura locale e tradizionale, senza contropartita se non quella di essere protagonisti di un perpetuarsi della memoria collettiva. Per questa ragione il volontariato e il Comune devono camminare assieme, nessuno in posizione di predominanza sull’altro ma caso mai in una condizione riconosciuta e tutelata di pari dignità reciproca, riconoscendo l’uno gli obiettivi e gli oggettivi limiti dell’altro,sì da supplire e coordinarsi a vicenda. La “memoria collettiva” delle nostre tradizioni da quelle dialettali a quelle culinarie da quelle religiose a quelle degli antichi mestieri, per sopravvivere al tempo ha la necessità di essere trasmessa e diffusa in maniera profonda nelle nuove generazioni perché é nella profondità delle proprie radici che si trovano la capacità e la forza del rinnovamento personale e collettivo delle nostre piccole comunità locali, per arrivare all’accoglienza del nuovo” e del “nuovo uomo” che cresce nei nostri giovani e in coloro che si confrontano con la nostra piccola civiltà quotidiana. E non deve stupire l’uso ripetuto e quasi eccessivo del termine “nostro” che ho usato nel periodo precedente per potersi confrontare con il mondo intero bisogna sempre più riconoscersi in una comunità propria nel tempo e nello spazio, ossia, nel nostro caso, in un paese come Cadimare. In un mondo che tende inesorabilmente e in modo sempre più accelerato alla globalizzazione delle idee e della conoscenza, riconoscere la propria cultura sociale non deve essere interpretato come “isolazionismo”, ma come “accoglienza della diversità” e come apporto alla collettività tutta. Ed è per questo che, al tempo stesso, dobbiamo evitare di cadere nella suadente tentazione di chiuderci in questo “sapere di comunità”, dove certamente ciascuno di noi finirà per riconoscersi fino ad identificarvisi,rischiando di non volersi aprire al “nuovo” e al “diverso”. Questo patrimonio ambientale, culturale e sociale non deve finire per essere negato agli altri, ma deve essere invece patrimonio di tutti. Soltanto così diventerà storia del mondo, anziché solamente della nostra comunità.

Paola Michelini, Assessore al Patrimonio Comune della Spezia

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